
Vivere nelle profondità della Terra, precisamente nella Fossa delle Marianne, rappresenta una sfida straordinaria per gli organismi che abitano questo ambiente estremo. Situata nell’Oceano Pacifico nord-occidentale, questa depressione oceanica è il punto più profondo del nostro pianeta e le condizioni di vita al suo interno sono notevolmente impegnative. Gli organismi che popolano questa zona devono affrontare scelte vitali che sarebbero impensabili in altri habitat marini. Uno dei principali ostacoli è l’elevata pressione esercitata dalla colonna d’acqua, che ha costretto le specie a sviluppare strutture scheletriche uniche, un metabolismo estremamente lento e adattamenti specifici che non si riscontrano in altre forme di vita marina.
Scoperte recenti sulla fossa delle marianne
Un recente studio, pubblicato il 6 marzo 2025 sulla rivista Cell, ha rivelato che quasi tutti gli abitanti della Fossa delle Marianne condividono una rara mutazione genetica. Questa mutazione consente loro di replicare ed esprimere il DNA in condizioni di sicurezza, nonostante l’ambiente ostile, che normalmente potrebbe favorire la comparsa di errori genetici. La ricerca ha analizzato il DNA di 11 specie di pesci che vivono a circa 6.000 metri di profondità , utilizzando sommergibili e veicoli sottomarini per raggiungere questi abissi. È importante notare che la Fossa delle Marianne è così profonda che solo un numero limitato di persone, tra cui il regista James Cameron, è riuscito a esplorarne il fondale.
Mutazioni e evoluzione convergente
Analizzando i genomi dei pesci, i ricercatori hanno scoperto che la mutazione genetica è comparsa almeno nove volte nel loro albero filogenetico, sviluppandosi in modo indipendente all’interno delle diverse famiglie. Questo fenomeno rappresenta un esempio di evoluzione convergente, un processo che si verifica quando organismi non correlati sviluppano caratteristiche simili in risposta a sfide ambientali simili.
Impatto dell’inquinamento sugli ecosistemi estremi
In aggiunta, la ricerca ha evidenziato la presenza di diverse sostanze inquinanti nel fondale della Fossa delle Marianne, suggerendo che anche questi ecosistemi estremi non sono immuni dalle conseguenze delle attività umane. I risultati dello studio non solo ampliano la nostra comprensione della vita nelle profondità marine, ma mettono anche in luce l’urgenza di proteggere questi habitat vulnerabili dalle minacce ambientali derivanti dall’inquinamento.