
Si è concluso un capitolo drammatico legato alla strage del 28 luglio 2013, quando un pullman precipitò dal viadotto dell’Acqualonga, in provincia di Avellino, causando la morte di 40 persone. Giovanni Castellucci, ex amministratore delegato di Autostrade per l’Italia (Aspi), si è costituito in carcere dopo la condanna definitiva a 6 anni emessa dalla Corte di Cassazione. La decisione è stata comunicata il 12 aprile 2025, dopo che la Procura generale di Napoli ha formalizzato l’ordine di carcerazione.
Il caso Castellucci e la condanna definitiva
Giovanni Castellucci ha affrontato un lungo percorso legale che ha culminato con la sentenza della Cassazione. Il 28 luglio 2013, il pullman, a causa di un guasto all’impianto frenante, è precipitato dal viadotto, provocando una delle più gravi tragedie stradali della storia italiana. La condanna di Castellucci è stata emessa per i reati di disastro colposo e omicidio colposo, in quanto accusato di aver violato le norme di sicurezza autostradale. I suoi legali, Filippo Donacci e Paola Severino, hanno espresso incredulità riguardo alla sentenza, sostenendo che Castellucci fosse estraneo ai fatti e avesse sempre svolto il suo lavoro con diligenza.
La Corte ha respinto le richieste di revisione della condanna, nonostante i legali avessero sollecitato una rivalutazione basata su prove presentate in aula. Castellucci, già coinvolto in altre controversie legali, come il crollo del ponte Morandi a Genova, ha visto la sua reputazione ulteriormente compromessa da questa condanna.
Le condanne per altri coinvolti
Oltre a Castellucci, la Corte ha confermato anche le condanne per altri imputati. Gennaro Lametta, proprietario dell’autobus, ha ricevuto una pena di 9 anni, mentre Antonietta Ceriola, ex dipendente della motorizzazione civile di Napoli, è stata condannata a 4 anni. Le decisioni dei giudici hanno messo in evidenza la responsabilità condivisa tra i vari soggetti coinvolti nella gestione della sicurezza stradale, evidenziando come il sistema di controllo e manutenzione degli autobus non abbia funzionato adeguatamente.
Le famiglie delle vittime hanno espresso il loro dolore e la loro frustrazione per la situazione, sottolineando che la giustizia non sembra aver portato sollievo dopo anni di attesa. La sentenza ha riaperto le ferite di una tragedia che ha segnato profondamente la comunità locale e ha sollevato interrogativi sulla sicurezza dei trasporti pubblici in Italia.
La dinamica dell’incidente e le sue conseguenze
L’incidente avvenne la sera del 28 luglio 2013 lungo l’autostrada A16, nei pressi di Monteforte Irpino. Un guasto all’impianto frenante, insieme alla debolezza del guardrail, portò il pullman a precipitare da un viadotto, causando la morte di 40 passeggeri. Questo evento ha rappresentato l’incidente stradale più grave della storia italiana, generando una vasta discussione sulla sicurezza delle infrastrutture stradali.
Il pullman, dopo aver subito un guasto meccanico, iniziò a sbandare, colpendo vari veicoli bloccati nel traffico. L’autista tentò disperatamente di controllare il mezzo, ma il pullman non riuscì a mantenere la carreggiata e, dopo un primo impatto con il guardrail, precipitò per oltre 30 metri in una vallata. La tragedia ha messo in luce la necessità di un controllo più rigoroso delle condizioni di sicurezza dei mezzi di trasporto e delle infrastrutture stradali, sollevando interrogativi sulla responsabilità delle autorità competenti.
Il caso di Castellucci e la strage dell’Acqualonga rimarranno nella memoria collettiva come un monito sulla necessità di garantire la sicurezza nei trasporti pubblici e la responsabilità di chi gestisce tali servizi.