La situazione della produzione di alluminio primario in Sardegna sta vivendo un momento cruciale. L’obiettivo principale è il riavvio degli impianti di Portovesme, gestiti dalla Sider Alloys, che ha acquisito lo stabilimento sette anni fa dall’Alcoa. Questo tema è stato al centro dell’ultima riunione tenutasi presso il Ministero delle imprese e del Made in Italy il 20 aprile 2025, dove si è discusso dello stato attuale della vertenza legata alla fabbrica, la prima in Italia a utilizzare il processo di elettrolisi per la produzione di alluminio.
Il ministro Adolfo Urso ha sottolineato l’importanza del rilancio della Sider Alloys per il settore dell’alluminio in Italia, soprattutto alla luce delle nuove dinamiche geopolitiche. Durante l’incontro, Urso ha dichiarato che è fondamentale collaborare con l’azienda e Invitalia per esplorare tutte le possibili azioni che possano restituire al sito la sua piena capacità produttiva. L’obiettivo è raggiungere un punto di svolta in pochi mesi, avviando un tavolo di confronto per sviluppare una strategia industriale efficace per l’intera area. Tuttavia, il processo di rilancio è ostacolato da questioni legate allo sblocco di un finanziamento di 320 milioni di euro, garantito da Sace, necessario per il revamping della sala elettrolisi. Attualmente, l’impianto è dotato di una fonderia operativa, ma la sala elettrolisi necessita di ristrutturazione per riprendere le attività produttive.
La sottosegretaria Fausta Bergamotto ha evidenziato la necessità di raccogliere informazioni dettagliate per delineare il futuro della Sider Alloys. Il Ministero delle imprese e del Made in Italy è impegnato a trovare soluzioni sostenibili, consapevole che la situazione del Sulcis è complessa e richiede un approccio trasparente. Bergamotto ha assicurato che il Ministero fornirà aggiornamenti chiari e tempestivi sul progresso del rilancio. Inoltre, nei giorni precedenti alla riunione, si è svolta una missione tecnica di un operatore del settore alluminio, che ha manifestato interesse a partecipare all’investimento e alla reindustrializzazione dell’impianto.
Anche l’assessore regionale dell’Industria, Emanuele Cani, ha espresso il suo supporto per il riavvio della produzione, sottolineando l’importanza di riportare i lavoratori in fabbrica. Cani ha affermato che il rilancio non è solo un’opportunità per il territorio sardo, ma anche una necessità per il Paese, in un contesto geopolitico in evoluzione che richiede una produzione nazionale di materie prime per stimolare la ripresa industriale.
Il piano di rilancio prevede una produzione di circa 145 mila tonnellate di alluminio primario e vergelle, mirando a coprire il 30% del mercato nazionale. Prima della chiusura nel 2012, lo stabilimento produceva 155 mila tonnellate di alluminio primario, generando un fatturato annuale superiore ai 500 milioni di euro e occupando 450 dipendenti. Il successo di questo piano di rilancio è cruciale non solo per l’economia locale, ma anche per il settore industriale italiano nel suo complesso.