Recenti indagini condotte da archeologi hanno portato alla luce una scoperta straordinaria: fossili di avocado risalenti a circa 7.500 anni fa, che testimoniano un legame sorprendente tra l’uomo e questo frutto tanto apprezzato. I reperti sono stati rinvenuti nell’area archeologica di El Gigante, in Messico, dove gli studiosi hanno analizzato oltre 1.700 fossili recuperati.
Durante l’analisi, è emerso che nel corso dei millenni la scorza e i semi dell’avocado si sono evoluti, diventando più grandi e robusti. Questo dato suggerisce che già in epoche remote, gli esseri umani erano in grado di selezionare con attenzione le varietà migliori, favorendo lo sviluppo di frutti sempre più nutrienti e saporiti. La scoperta offre un’importante testimonianza dell’interazione tra le prime comunità umane e l’ambiente che le circondava.
L’avocado, noto per il suo elevato contenuto di grassi sani e vitamine, rappresentava una risorsa alimentare di grande valore ben prima dell’emergere delle grandi civiltà mesoamericane, come gli Olmechi, i Maya e gli Aztechi. Questo legame profondo tra l’uomo e l’avocado dimostra che le comunità primitive avevano già compreso l’importanza nutritiva di questo frutto, fondamentale per la loro sopravvivenza.
Originario del Messico, l’avocado ha fatto la sua comparsa circa 400.000 anni fa, inizialmente consumato da animali preistorici. È stato l’intervento umano a trasformare questo frutto in un super alimento, grazie alla coltivazione intenzionale e alla diffusione delle sue varietà. Nonostante le difficoltà climatiche e la scomparsa della megafauna, che contribuiva alla dispersione dei semi, l’avocado ha continuato a prosperare grazie alla volontà delle prime popolazioni.
Tuttavia, nel contesto attuale, il consumo di avocado solleva preoccupazioni ambientali. Le pratiche agricole associate alla sua coltivazione hanno portato a un significativo impatto sull’ecosistema, suscitando dibattiti sull’equilibrio tra domanda alimentare e sostenibilità ambientale.