
Nel 2013, la costa orientale della Florida ha vissuto un evento tragico: un gran numero di delfini tursiopi è morto in modo improvviso nella Laguna dell’Indian River. Per anni, le cause di questa moria sono rimaste incerte, ma una recente ricerca ha finalmente fornito risposte, rivelando un colpevole noto: l’intervento umano.
La morìa dei delfini e la fioritura algale
Un articolo pubblicato su Frontiers in Marine Science ha messo in luce che la morìa dei delfini è stata provocata da una fioritura algale anomala, iniziata nel 2011. Questo fenomeno ha portato a una significativa diminuzione delle riserve di seagrass e alghe, elementi fondamentali per l’ecosistema marino locale. La scomparsa di queste piante ha avuto un impatto devastante sulla fauna ittica, con conseguente riduzione delle prede disponibili per i delfini, i quali si sono trovati privati della loro principale fonte di nutrimento.
Cambiamenti nell’alimentazione dei delfini
Attraverso l’analisi di isotopi nei tessuti di 337 esemplari di delfini, gli scienziati hanno scoperto che i delfini sono stati costretti a cambiare la loro alimentazione. Hanno dovuto passare da pesci nutrienti come le ladyfish a prede meno ricche di sostanze nutritive, come i sea bream. Per mantenere la loro sopravvivenza, i delfini avrebbero dovuto aumentare il loro apporto alimentare giornaliero di almeno il 15%, un compito insostenibile che ha contribuito a una crescente mortalità.
Inquinamento e fioritura algale
Le cause dietro l’aggressiva fioritura algale sono riconducibili all’inquinamento causato dall’uomo. I fertilizzanti, gli scarichi domestici e i sistemi fognari inadeguati hanno contribuito a un eccesso di azoto e fosforo nell’ambiente, alimentando la proliferazione delle alghe e oscurando la luce e l’ossigeno necessari per la vita marina. Alcuni delfini, in circostanze estreme, hanno addirittura mostrato segni di dipendenza da sostanze come il fentanyl.
Statistiche sulla mortalità dei delfini
Nel 2013, è stato registrato che il 61% delle morti dei delfini era attribuibile alla malnutrizione, un aumento significativo rispetto al 17% di un decennio prima. “Effetti così devastanti si manifestano solo quando l’attività umana disturba gli equilibri naturali”, ha commentato il coautore dello studio, Charles Jacoby. Questo avvertimento sottolinea l’importanza di una gestione ambientale responsabile e sostenibile per proteggere la vita marina e prevenire ulteriori tragedie.