Nonostante siano trascorsi ottant’anni dal primo test nucleare, noto come esperimento “Trinity”, avvenuto nel 1945, la creazione di una bomba atomica continua a rappresentare una sfida tecnologica di grande portata. I principi fondamentali che governano il funzionamento di queste armi sono ormai ben noti, tuttavia, la loro realizzazione pratica richiede enormi risorse, competenze specialistiche e misure di sicurezza straordinarie.
La principale difficoltà si concentra sulla produzione di materiali fissili, in particolare uranio e plutonio, essenziali per innescare l’enorme reazione esplosiva conosciuta come fissione nucleare. L’uranio, per esempio, richiede un processo di arricchimento complesso. Per ottenere uranio arricchito, è necessario utilizzare centrifughe avanzate che, attraverso una rapida rotazione, separano l’isotopo raro U-235 dall’isotopo U-238, quest’ultimo molto più comune.
Questo procedimento comporta significativi rischi per la salute, incluso l’esposizione al pericoloso esafluoruro di uranio. La produzione di plutonio, d’altra parte, è ancora più complicata, poiché questo elemento non si trova in natura e deve essere estratto dal combustibile esausto dei reattori nucleari. Qui, la sfida consiste nel prevenire il raggiungimento di una massa critica che potrebbe innescare una reazione incontrollata e potenzialmente devastante.
Un ulteriore aspetto complesso riguarda la gestione e il controllo dell’esplosione nucleare stessa. In un intervallo di tempo estremamente breve, è necessario generare una condizione di supercriticità, ovvero concentrare rapidamente una quantità critica di materiale fissile in uno spazio molto ristretto, dando vita a un’esplosione atomica di proporzioni enormi. Per questa ragione, anche nel 2025, solo un numero limitato di nazioni può vantare reali capacità nucleari.
La questione delle armi nucleari solleva interrogativi storici e attuali. È interessante riflettere su quante bombe nucleari siano state effettivamente utilizzate nella storia.