
Un recente studio ha finalmente chiarito i segreti dietro l’abilità dei pappagalli di imitare la voce umana. I ricercatori, un team di neuroscienziati, hanno rivelato che esistono similitudini sorprendenti tra il cervello di questi uccelli e quello degli esseri umani, svelando così i meccanismi neurali che rendono possibile questa straordinaria capacità. La ricerca, pubblicata nel 2025 sulla rivista Nature, si è concentrata in particolare sui pappagallini ondulati australiani, noti anche come cocorite.
Struttura cerebrale e imitazione vocale
Le cocorite non si limitano a imitare superficialmente i suoni; possiedono una specifica area cerebrale, l’anterior arcopallium, che opera in modo sorprendentemente simile alle aree motorie del cervello umano responsabili dell’articolazione verbale. Michael Long, neuroscienziato presso la NYU Grossman School of Medicine e coautore dello studio, ha descritto questa scoperta affermando che “è come se il cervello del pappagallo avesse una tastiera di pianoforte incorporata“. Ogni neurone nel cervello di questi uccelli controlla un suono specifico, proprio come ogni tasto di un pianoforte produce una nota distinta. Alcuni neuroni sono dedicati alle consonanti, altri alle vocali, mentre altri ancora modulano il tono e l’intonazione.
Differenze tra specie aviarie
Un interrogativo importante emerso dalla ricerca è il motivo per cui le cocorite mostrano questa abilità mentre altri uccelli canori non la possiedono. Per rispondere a questa domanda, i ricercatori hanno confrontato l’attività cerebrale delle cocorite con quella dei diamanti mandarini. Da questo confronto è emersa una differenza fondamentale: nei diamanti mandarini, le vocalizzazioni seguono schemi rigidi e geneticamente predeterminati. Al contrario, le cocorite utilizzano circuiti neurali flessibili e adattabili, simili a quelli degli esseri umani. Questo meccanismo di apprendimento e adattamento è un’altra caratteristica che unisce questi animali all’uomo.
Implicazioni della ricerca
I risultati di questo studio sono di grande rilevanza, poiché dimostrano una connessione diretta tra l’attività neurale e la produzione vocale in una specie non umana. Gli scienziati, analizzando l’attività di soli cinque neuroni, sono stati in grado di prevedere quale suono avrebbe emesso il pappagallo. Questo tipo di scoperta potrebbe avere applicazioni significative in vari campi, dalla neurologia alla medicina riabilitativa. Comprendere come il cervello dei pappagalli gestisca il linguaggio potrebbe fornire nuove prospettive per affrontare disturbi linguistici, come quello che ha colpito Bruce Willis.
Questa ricerca rappresenta un passo avanti nella comprensione delle capacità cognitive degli uccelli e potrebbe aprire la strada a ulteriori studi sul linguaggio e sulla comunicazione non solo tra gli esseri umani, ma anche nel regno animale.