
Ogni anno, miliardi di dispositivi elettronici vengono abbandonati nelle discariche di tutto il mondo, lasciati a marcire e dimenticati. Tuttavia, ciò che molti non sanno è che stiamo letteralmente gettando via una risorsa preziosa, spesso in quantità sorprendenti.
La scoperta dei ricercatori svizzeri
La metodologia ideata dai ricercatori svizzeri si basa su fibrille proteiche derivate dal siero di latte, un sottoprodotto dell’industria casearia. Questo materiale, che presenta una struttura simile a una spugna, è in grado di legare gli ioni d’oro presenti nei componenti elettronici. Una volta che l’oro viene “intrappolato”, il processo prevede un trattamento termico che trasforma gli ioni in pepite solide. I risultati sono notevoli: da soli 20 circuiti stampati, è possibile ottenere fino a 450 milligrammi di oro, il tutto senza l’uso di sostanze tossiche come il cianuro.
Questa innovazione non solo rappresenta un passo avanti nella sostenibilità, ma offre anche un’alternativa più sicura rispetto all’estrazione mineraria tradizionale. Infatti, mentre le miniere richiedono il trattamento di tonnellate di roccia per ottenere una quantità limitata di oro, questa nuova tecnica si presenta come una soluzione più pulita e circolare, in grado di recuperare metalli preziosi da materiali considerati rifiuti.
Un approccio circolare ai rifiuti elettronici
Il 2025 segna un momento cruciale nel campo del riciclaggio dei rifiuti elettronici, poiché si stima che l’80% dei rifiuti elettronici non venga riciclato. L’approccio innovativo degli scienziati dell’ETH di Zurigo non si limita solo all’oro, ma apre la porta al recupero di altri metalli rari, come rame, palladio e nichel, utilizzando tecnologie complementari. Questo metodo non solo riduce l’impatto ambientale, ma contribuisce anche a un’economia più sostenibile.
La possibilità di estrarre metalli preziosi da rifiuti industriali rappresenta un’opportunità significativa per ridurre la quantità di e-waste e promuovere un futuro più verde. Con le tecnologie attuali, è fondamentale investire nella ricerca e nello sviluppo di metodi che possano trasformare i rifiuti in risorse, contribuendo così a un ciclo produttivo più responsabile.
La scoperta dell’ETH di Zurigo potrebbe quindi rappresentare un passo decisivo verso un futuro in cui i rifiuti elettronici non sono più considerati un problema, ma una risorsa da sfruttare.