Un mistero cosmico ha finalmente trovato una spiegazione dopo decenni di incertezze: la metà della materia visibile dell’universo sembrava essersi volatilizzata. Recentemente, un team di ricercatori a livello internazionale ha identificato la fonte di questa materia mancante, rivelando che si tratta di un’enorme nebbia di idrogeno invisibile che circonda le galassie, posizionata più lontano di quanto si fosse mai ipotizzato.
La materia visibile, nota come materia barionica, comprende tutto ciò che ci circonda: stelle, pianeti e galassie. Tuttavia, gli astronomi, nel tentativo di quantificare questa materia, si sono resi conto che il 50% di essa risultava mancante. Questo non era il frutto di errori di calcolo, ma piuttosto di una sostanza estremamente difficile da rilevare.
L’elemento chiave di questo enigma è l’idrogeno, l’elemento più comune nell’universo. La sua forma ionizzata e rarefatta si distribuisce su distanze enormi, rendendolo invisibile agli strumenti astronomici tradizionali. Non esiste telescopio in grado di osservare direttamente una nube quasi trasparente dispersa tra le galassie. Tuttavia, è possibile studiare gli effetti che questo gas ha sull’ambiente circostante.
Un gruppo di scienziati ha utilizzato la radiazione cosmica di fondo, il tenue bagliore residuo del Big Bang, come fonte luminosa per misurare le tracce lasciate dall’idrogeno. Quando questa radiazione attraversa le nubi di idrogeno ionizzato, subisce leggere variazioni che possono essere rilevate osservando simultaneamente milioni di sorgenti.
Grazie a questa metodologia innovativa, i ricercatori hanno esaminato oltre un milione di galassie rosse, scoprendo che le nubi di idrogeno si estendono ben oltre i limiti precedentemente stimati. Gli aloni gassosi risultano essere molto più vasti e potrebbero contenere il materiale “perduto” che era sfuggito ai precedenti censimenti cosmici.
In aggiunta, le dimensioni di questi aloni suggeriscono che i buchi neri supermassicci situati al centro delle galassie possano avere un ruolo cruciale nella loro formazione, espellendo materia durante periodi di intensa attività. Questo studio rappresenta un passo significativo nella comprensione della struttura dell’universo e del comportamento della materia che lo compone.